Io sono romana per metà da parte di padre, infatti mia nonna Brunilde de Santis, era romana
“da sette generazioni” come ci ripeteva sempre suo fratello, il mitico zio
Gigi. I miei ricordi d’infanzia si alternano tra le tradizioni della mia terra
natale e quelle della tradizione romana che mia zia Dedi ci ha tramandato, con
tutta la passione e la maestria di cui è capace.
Le pupazze sono una
tradizione della mia famiglia romana. Zia Dedi mi ha raccontato che quando era piccolina, dopo la guerra, sua nonna preparava delle vere pupazze alte circa 15 -18 cm di pasta
frolla per tutti i nipoti, e le faceva di tre tipi: per i più piccini un
pupo in fasce con un uovo sulla pancia, con le braccine incrociate, gli occhietti erano
dei chicchi di pepe nero e si cercava di disegnare il visino e i capelli. Per le più grandicelle si formavano delle bambine con
abitino, trecce e sempre l'uovo tra le braccia, per i maschietti si faceva il
bambino con pantalone e sempre l'uovo sulla pancia .
Negli anni, lei ha modificato la preparazione delle pupazze, eliminando l'uovo e ricamando gli
abiti semplicemente aiutandosi con il
ditale, facendo le gonne con cerchi e forbici. In seguito, ha iniziato a far
preparare a tutti i nipoti, e credetemi erano tanti, diversi pupazzi di pasta
frolla con formine a forma di papere,
tartarughe, casette, lumache. Usava la pasta come se fosse Creta
mio figlio Little prepara le piccole pupazze |
Comunque piccoli o grandi, tutti ci
tenevano ad avere la loro pupazza per la colazione di Pasqua, per questo
inventò le piccole pupazze così erano tutti contenti
e potevano regalarle ad amici e
parenti .
L’usanza romana per la colazione della Santa Pasqua consisteva
nel preparare la tavola grande con la
tovaglia più bella e bianca ,al centro si metteva un vaso pieno di viole di
Pasqua ,delle tazze per la cioccolata, caffelatte o the. Vassoi pieni di salumi
di varie specie, non mancava mai la corallina tagliata a fettine diagonali e
spesse e la lonza. C’era anche un salame piccolo chiamato ” coioni di
somaro” ma non tutti lo compravano
e solo i veri romani lo conoscono
.Vassoi con formaggi vari, torte al formaggio, crostate, ciambellone, la torta
di Pasqua semi dolce per mangiarci i salumi e formaggi, le uova sode in un cestino guarnito a piacere e le uova di
cioccolata . Infine le famose Pupazze. Questa
colazione si usa ancora ,anche se ridimensionata ,perché un tempo ci si alzava
presto anche nei giorni di di festa e
quindi la colazione era fatta verso le 8-9 del mattino e poi si camminava di
più. Il pranzo si faceva dopo le ore 14
,e il menù era solitamente composto da
un consomè oppure una
stracciatella con capellini, seguivano
fettuccine al ragù, carne in umido (cotta nel ragù ) abbacchio, pollo arrosto,verdure e insalate .Si continuava con i dolci, rigorosamente fatti in casa.
E quando nessuno aveva il forno in casa,
le donne prendevano appuntamento nei forni nel vicinato, si portavano tutti gli ingredienti che servivano per i dolci che decideva di fare
,e passavano le notti a far lievitare e cuocere il tutto. Il sabato mattina si
scioglievano le campane delle chiese di Roma e la domenica mattina era un
concerto per tutta la città. I preti uscivano dalle chiese con i chirichetti ed andavano per le case a benedire la tavola e tutte le
cibarie per la Santa Pasqua.
E quando mia zia Dedi veniva a Sorrento a festeggiare la Pasqua
replicavamo queste tradizioni anche a casa mia. La cucina di mia madre
diventava un laboratorio di pasticceria, tra tradizioni locali, con pastiere e
casatielli e tradizione romane con lievitati ai salumi e formaggi e le mitiche
Pupazze. Il divertimento per me e le mie sorelle era il poter decorare i
vestiti delle bambole e preparale anche per le nostre amiche.
La domenica di
Pasqua era una festa fare questa mega colazione tutti insieme e finalmente poterle mangiare insieme alle fette di salame e caciocavallo.
E così quest’anno ho voluto replicare con i miei figli la
preparazione delle pupazze come augurio per una buona Pasqua. Ricordare e preservare le tradizioni della propria famiglia è un
modo per dimostrare ai nostri cari l’amore che proviamo per loro.
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